STORIA

Poecylia è la realizzazione di un sogno che ebbe origine negli anni ‘70, quando Piero Giaculli immaginò un ideale luogo di meditazione, il suo buen retiro. 

Un rifugio, un eremo, dove l'introspezione sarebbe stata facilitata dall'ambiente circostante, lontano, e non ancora aggredito, dalla tecnologia.

Un luogo dove poter trascorrere il tempo conservando uno stile di vita di altri tempi.

Negli anni successivi ha realizzato il suo progetto con Simona Iurza, che ne ha condiviso le sue idee visionarie.

SIGNIFICATO

Il nome Poecylia ha origine nel nome di due pesciolini fotografati da Piero Giaculli, nel 1995, in un cenote della regione messicana dello Yucatan.  
La particolarità, e l'unicità, di questa fotografia, realizzata, come ogni immagine di Giaculli, con apparecchiature analogiche,e rimasta ancora oggi, a distanza di decenni, iconica e l'unica mai realizzata in natura, consiste nel modo in cui sono stati ritratti: come se l'uno fosse l'esatta immagine speculare dell'altro, ma non attraverso un semplice riflesso dell'acqua, bensì nel modo speculare con cui i pesciolini si sono posti l'uno di fronte all'altro. L’immagine deriva da una diapositiva Velvia 50 ISO Fuji,

Di questa immagine sono stati realizzate un numero limitato di stampe Cibachrome Ilfochrome, oggi in disuso, ma che hanno la più elevata stabilità cromatica in assoluto..

La ricerca fotografica di Piero Giaculli non ha mai avuto finalità biologiche, tecniche, o sensazionalistiche, ma si è sempre indirizzata alla  previsualizzazione di una realtà di cui si ha percezione, e sensazione, solo per qualche attimo.

Descrivere il proprio stato d'animo attraverso il mondo "esterno".

La fotografia di questi due pesciolini, per la sua eccezionalità, come tante altre sue immagini straordinarie di Piero Giaculli, è stata premiata in tutto il mondo.

Successivamente,,con l’avvento della fotografia digitale, generazioni di “fotografi subacquei”, epigoni, hanno provato a riproporre immagini simili a quelle realizzate da Piero Giaculli, ottenendo solo banali imitazioni e remake, nonostante l’aiuto della tecnologia digitale, spartiacque tra due modi totalmente diversi di pensare e di fotografare.